lunedì 7 luglio 2014

Banche, la redditività dopo gli aumenti

Con la chiusura di Carige e della Popolare di Sondrio di venerdì la stagione degli aumenti di capitale delle banche italiane volge ormai (quasi) al termine: in quattro mesi gli istituti di credito del nostro paese hanno raccolto ben 9,5 miliardi di euro, e una volta che anche la Banca popolare dell'Emilia Romagna e Veneto Banca saranno arrivate in porto la soglia dei 10 miliardi di euro sarà abbondantemente superata.
Senza dubbio è stato ed è un successo agevolato da un mercato finanziario stracolmo di liquidità e da una situazione che vede gli istituti di credito italiani sottovalutati rispetto a molti altri concorrenti europei, e quindi a sconto: non a caso, a comprare sono stati soprattutto i fondi d'investimento, anche in vista del risiko che - si suppone - verrà.
Grazie al suo aumento di capitale, il Monte dei Paschi di Siena ha potuto ripagare un'ampia fetta di Monti bond, Carige ha saldato i conti con il passato, la Banca popolare di Milano ha posto le basi per vedersi eliminati gli add-on e le altre popolari hanno messo fieno in cascina in vista degli esami della Banca centrale europea: chi risulterà carente di capitale potrà dire di aver intanto riempito i serbatoi, chi invece sarà oltre la linea di galleggiamento si ritroverà in casa risorse utili per la nuova fase di aggregazioni, di M&A, mergers and acquisitions, che tutti si attendono per i prossimi mesi.
Guai, però, a dare per scontato questo successo. Incassati i 10 miliardi di euro, le banche ora dovranno in qualche modo di meritarseli: dimostrando che gli obiettivi scritti nero su bianco sui piani industriali sono reali e non soltanto uno specchio per le allodole, e – più in generale – che si può tornare a una redditività stabile e sostenibile. Soltanto in questo modo potranno rispettare l'impegno preso con i risparmiatori ed evitare che i fondi, così come sono arrivati, se ne tornino a casa.