Su Repubblica si legge il nuovo destino che potrebbe svelarsi alla Banca Popolare di Milano.
MILANO - La Bpm sta per cambiar pelle: il progetto non è ancora stato ufficialmente sottoposto ai consigli di sorveglianza e di gestione, ma la trasformazione in spa potrebbe essere questione di poco. E, segno dei tempi, se verranno mantenute le premesse della vigilia anche i sindacalisti potrebbero essere d'accordo nel cambiamento epocale, insieme ai dipendenti e ai soci privati. Un capolavoro di diplomazia, che porta indubbiamente la firma di Andrea Bonomi e la sapienza tecnica di Piergaetano Marchetti, che da mesi sta lavorando alla riscrittura dello Statuto, ma che poggia anche sulle aperture dei sindacati nazionali, per realizzare l'impensabile fino a poco tempo fa: trasformare la Bpm in una società per azioni. Sempre che tutti tasselli vadano al loro posto.
Qualche giorno fa Bonomi, presidente del consiglio di gestione e principale azionista della popolare, ha tirato le fila con tutti i sindacati nazionali; informalmente la stessa Banca d'Italia è stata messa al corrente del progetto, tuttora in fieri. Se tutti i tasselli andassero al loro posto, la "vecchia" Bpm andrà in soffitta e al suo posto ci sarà una società per azioni, una spa ovviamente quotata, e solidamente governata attraverso il sistema duale. Tuttavia la contrapposizione tra il vecchio e il nuovo non sarà così netta: sono previste infatti strutture "di raccordo" che in qualche misura addolciscano il cambiamento e ne stemperino la portata.
A cominciare da una "Fondazione Bpm", cui verrebbe destinato il 5% degli utili netti della banca, da utilizzare per attività di formazione e socio-assistenziali dirette ai dipendenti ed ex dipendenti della banca (oltre ad iniziative sul territorio). La stessa Fondazione eleggerebbe tre consiglieri su 11 del Consiglio di Sorveglianza. Non basta, se la trasformazione andrà in porto ai dipendenti attuali verranno distribuite riserve sotto forma di nuove azioni, pari al 10% della spa (in termini di controvalore, dovrebbero essere più di 50 mila euro per dipendente). Una quota che servirà a far eleggere alla componente soci-dipendenti altri due membri del Consiglio di sorveglianza (oltre ai tre della Fondazione); il Cds sarà dunque espressione di due liste, una di maggioranza espressa dagli azionisti privati e una di minoranza (due membri), indicata dai soci-dipendenti e in questo modo la componente dell'azionariato più legata ai dipendenti esprimerà una "minoranza di blocco" (cinque membri su undici) in seno al consiglio di sorveglianza, mentre quello di gestione conterà su sette membri. Correttivi a parte, in questo modo la Bpm avrebbe comunque un assetto di mercato, con un larghissimo flottante e qualche socio "importante", a cominciare dallo stesso Bonomi (che già ora ha una quota dell'8,6%) ma anche di Raffaele Mincione, che ha investito nella Popolare l'8,26% e del Credit Mutuel, che ha il 6,8%.
Tutti soci che - ove andasse in porto la trasformazione in spa nella forma preventivata - vedrebbero diluirsi del 10% la loro partecipazione attuale. Però a quel punto la Bpm, pienamente restituita ad una normalità di percorso, potrebbe fungere da polo di attrazione per aggregazioni, giocando un ruolo propositivo forte. Ma del futuro assetto è prematuro parlare (anche se sul mercato sono circolate ipotesi che ventilavano una possibile alleanza con Ubi). Sicuramente però uno degli elementi che si porterebbe dietro una trasformazione del genere è la garanzia, da parte di Bonomi, di restare nell'azionariato per un triennio almeno, a tutela del futuro assetto della neonata spa.
Ovviamente, le incognite sul tappeto sono ancora moltissime. A partire dalla complicata tempistica: se tutto va per il verso giusto il nuovo Statuto potrebbe essere varato nei prossimi mesi ed entro luglio, al massimo subito dopo l'estate, potrebbe essere fissata l'assemblea straordinaria. Che, vista la rilevanza delle modifiche, dovrà poter contare su una maggioranza plebiscitaria, per cui è importante coagulare il maggior consenso possibile intorno al progetto.
Nel frattempo, alla Bpm procede il percorso di "normalizzazione" della vita della banca: nei giorni scorsi si sono concluse le procedure di adesione al Fondo esuberi, che hanno visto un grande successo (sono arrivate 800 richieste contro le 700 contrattate con il sindacato): ha aderito al Fondo per i prepensionamenti anche Osvaldo Tettamanzi, storico sindacalista della banca e responsabile dell'Ufficio soci alla Bpm.