Il Sole 24 Ore è d'accordo che "il repentino rialzo dei tassi" è "una mina per la ripresa".
Con l'inattesa mossa della Fed, di non ridurre il piano di acquisti
di bond per 85 miliardi di dollari al mese, lo scenario cambia almeno
fino a fine anno. Probabilmente sarà la riunione del Fomc del 18
dicembre, l'ultima di Ben Bernanke, a svelare i nuovi orientamenti visto
che a metà ottobre resta da risolvere il nodo del debt ceiling (il
tetto all'indebitamento) negli Usa. Intanto il dollaro si indebolisce e
l'euro si rafforza.
Per il risparmiatore tipo americano questo rialzo dei tassi si fa già sentire: i mutui sono più onerosi e le ultime statistiche del settore immobiliare indicano una frenata. Ovviamente con i tassi in aumento cresce la remunerazione sui titoli di Stato da acquistare. Per il risparmiatore italiano, come abbiamo visto, il discorso non è perfettamente sovrapponibile.
L'aumento dei rendimenti sui titoli decennali sta avvenendo in un contesto di tassi di riferimento vicino allo zero da parte delle Banche centrali (Fed e Bce in testa). Esiste un collegamento tra le due variabili?
«Sicuramente - spiega Chiara Manenti, strategist del servizio Studi e ricerche di Intesa Sanpaolo - esiste una correlazione che passa dal rendimento dei titoli a breve. Quando la Banca centrale comincia ad alzare i tassi, i titoli a breve lo incorporano. Oggi il mercato sconta un futuro aumento dei tassi di riferimento della Fed a partire dalla metà del 2015 e quindi i rendimenti a breve sono particolarmente compressi. Per capire le evoluzioni future della Banca centrale sarà necessario seguire con attenzione le future aspettative su inflazione e disoccupazione».
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