Molto attento a non dichiarare che la crisi dell'eurozona è finita, il presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, è solito ricordare che la ripresa è fragile e ieri ha aggiunto che è possibile che resti «anemica» anche in futuro. Ma dice anche che è il momento di concentrarsi meno sulla gestione della crisi e di più sugli interventi di lungo termine. La priorità delle riforme, dopo tutto, è di creare più occupazione, oltre che stabilizzare i mercati e risanare i conti. «Tutte le parti dell'economia e della società devono beneficiarne», ha affermato ieri a New York.
Ma il vero cruccio di Mario Draghi in questo momento è l'evoluzione dell'unione bancaria. Se alla vigilanza della Banca centrale europea non si accoppierà un'autorità indipendente e un meccanismo di risoluzione forte, l'unione bancaria rischia di essere un'incompiuta. Che non darà i vantaggi sperati all'economia reale dell'eurozona, con il ritorno del credito, e metterà in dubbio la credibilità della Bce stessa.
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